Stamani la manifestazione “Abruzzo sul fondo”. Montesilvano ricorda i caduti della Seconda Guerra Mondiale
Montesilvano – Archimede, Argonauta, Galatea, Giada…
La storia dei sommergibilisti italiani impegnati nell’ultimo conflitto mondiale, legata a questi nomi, sarà ripercorsa con il pensiero dai componenti dell’equipaggio (motoristi, elettricisti, ufficiali), che uscirono indenni dalla dura esperienza bellica del 1940-43.
L’occasione è offerta dall’Associazione nazionale marinai d’Italia che, con il contributo della presidenza del Consiglio regionale e del Comune di Montesilvano, ha organizzato per stamani alle 9 in piazza del Municipio, la manifestazione “Abruzzo sul fondo.
In città sono affluiti da un po’ tutta Italia i superstiti di 50 sommergibili affondati durante la Seconda Guerra Mondiale tra il 1940 e il 1943. A bordo c’erano anche marinai Abruzzesi.
Dell’elenco dei sommergibilisti periti, individuati dopo una ricerca storiografica, fanno parte Walter Spadolini (sommergibile Barbarigo), Antonio Briga (Fisaglia), Volveno Poliandri (Archimede). Dante Baldassarre (Malachite), Dante Nikolaj (Diamante) e Roberto Petri (Velella) di Pescara, Vittorio Castellano (Velella) di Montesilvano, Cesare Antonucci (Scire) e Attilio Terenzio (Scire) di Francavilla, Nicola Dragani (Scire) di Ortona, Gildo Colatriano (Bianchi) e Nicolino Forcella (Guglielmotti), Marchionna Romano (Marcello) Tullio Buzzelli di Castel di Sangro. Francesco Laudadio (Provana), Gino Cocozza (Tarantini) e Francesco Paolo Antonio (Tambien) di Isernia, Giuseppe Lo coco (Archimede) unico superstite di Palermo.
Ma ad ognuno dei cinquanta sommergibili che saranno ricordati nella cerimonia, va associata soprattutto la memoria dei giovani marinai che
non hanno fatto più ritorno a casa dopo le perlustrazioni marine eseguite nel triennio 40-43.
I cinquanta sommergibili rimasti incagliati per sempre sui fondali degli oceani e del Mediterraneo corrispondono infatti, ad un vero e proprio cimitero sommerso. Arbusto, Asteria, Argonauta, Dino Braga, Brin, Bandiera, Cagni, Corridoni, Colonna, calvi, Dagabur, Da Vinci, Ferraris,
Gaiatea, Glauco, Giada, Jalea, Emo, Millelire, Macalle, Menotti, Manara, Marconi, Naiade, Onice, Pietro Micca, Varsciek, Squalo, Sparide, Smeraldo, Tazzoni, Zaffiro, Velella, X3, S1, H1, completano il quadro sottomarini catalogati dall’Associazione Marinai d’Italia di Montesilvano.
Il programma della manifestazione “Abruzzo sul fondo” prevede la deposizione di una corona al monumento dei Caduti cittadino. La celebrazione di una funzione religiosa da parte di monsignor Roncaglia
cappellano militare della base di Bordeaux, inoltre, il gruppo cittadino dell’Associazione marinai d’Italia, intitolata all’ammiraglio Luigi Fulvi, ex comandante in seconda del sommergibile Ambra la sezione di Montesilvano. L’ultimo sommergibile è stato lo Scirè affondato ad Haifa (Israele).
L’operazione e stata possibile in virtù della scarsa profondità dei fondali. Ma ne esistono almeno una ottantina dl sommergibili disseminati sui
fondali degli oceani e dei mari europei che probabilmente non torneranno mai in superficie. Eppure, la particolare suddivisione interna dei sottomarini consentirebbe di recuperare intatti i corpi dei componenti degli equipaggi, anche a distanza di anni.
Ma le operazione presentano sempre molte difficoltà in questi casi. Eccezione fatta per qualche ufficiale che aveva a disposizione delle cuccette, lo spazio a disposizione per i marinai era il basamento della struttura navale.
L’acqua poi era un lusso – ricorda Carlo Pracchi, sommergibilista di Milano – serviva solo per bere e per cucinare. Al punto che ognuno di noi riusciva a riconoscere dall’odore i propri compagni. I corpi erano impregnati soprattutto di nafta. Come mi sono salvato? Per una pura fatalità. Ero tornato a casa in licenza e nel frattempo il nostro sommergibile è andato in missione di guerra. Nessuno dei miei compagni è più tornato.
C’erano molti marinai che prima di lasciare la caserma inviavano una lettera indirizzata alla famiglia in caso la missione fosse andata male. Racconta Angelo Iori, presidente dell’Associazione marinai di Montesilvano, erano in fondo ragazzi di 19-20 anni.
Per ricordare la memoria di molti marinai periti in guerra, la manifestazione “Abruzzo sul fondo” prevede alla fine della cerimonia, il lancio in mare da una motovedetta della Capitaneria di Porto di Pescara, di una corona d’alloro.
Paolo Antonilli
Alfa Tau! è un film di guerra italiano diretto da Francesco De Robertis nel 1942. È il terzo e ultimo film – dopo Uomini sul fondo e La nave bianca – prodotto dal Centro Cinematografico della Marina.
Il sommergibile Enrico Toti fa rientro in base, alla fine di una missione. Dopo una licenza concessa all’equipaggio per riabbracciare i famigliari, riprendono il mare. Incontrano durante la navigazione un sommergibile inglese, l’HMS Triad, che speronano e affondano.
Nel film era realmente presente tra i protagonisti un comandante di sommergibile. Si tratta del Capitano di Corvetta Bruno Zelik che successivamente ha perso la vita al comando del sommergibile Scirè poco dopo finite le riprese del film.
Il regista Francesco De Robertis, direttore del Centro cinematografico presso il Ministero della Marina, si specializza in storie marinaresche e nel 42 gira Alfa Tau!. Terzo film consecutivo di sei della tetralogia militare.
La locandina mostra in alto le lettere greche alfa e tau; i nomi in manifesto sono: Giuseppe Addobbati, Marina Chierici, Liana Persi e Lilla Pilucolio. In pratica un cast di attori non professionisti, tranne Giuseppe Addobbati (alias John Douglas).
«Nino Baragli raggiunse Venezia e cominciò da aiuto-operatore: caricava e scaricava gli châssis. Le macchine Arriflex non erano di primo ordine, ma erano facili da caricare. Ma De Robertis faceva il montaggio da solo, e Baragli dava una mano anche a lui, che stava seduto alla moviola, tagliava, attaccava, proprio come un montatore. C’era una ragazza che faceva la assistente: non si numerava la pellicola, non si trovavano mai i tagli.» |
Stile da documentario, semplice, spoglio e privo di retorica patriottica. “Con stile austero e asciutto Francesco De Robertis narra vicende con carattere corale: differenti percorsi individuali trovano unitaria, tragica conclusione”.
Gli attori sono non professionisti, la fotografia è di stile documentario, i titoli di testa del film non riportano né cast, né credits. De Robertis ha cercato di attenersi a «un verismo storico e ambientale», per cui «il ruolo che … ogni personaggio ha nella vicenda corrisponde al ruolo che ognuno di essi ha nella vita» (le frasi sono nei titoli di testa). Il pregio maggiore è la semplicità, la mancanza di retorica. Qualità tanto più meritorie se si tiene conto che Alfa Tau! è stato realizzato in tempo di guerra e, per di più, proprio dal Ministero della Marina.
Tutti gli elementi rispondono ad un verismo storico e ambientale: l’umile marinaio, protagonista, ha vissuto l’episodio che nel racconto rivive. Il ruolo che ogni personaggio ha nella vicenda, corrisponde al ruolo che ha nella realtà della vita. Gli elementi civili hanno offerto la loro opera in segno di dedizione verso i combattenti del mare. Gli elementi militari si sono prodigati nelle pause di riposo tra le missioni di guerra. Egli vuole fare film tutti dal vero, con attori non professionisti, con una fotografia da documentario. Il film ha pezzi stupendi di cinematografo.
L’Onorevole Giulio Andreotti, all’epoca Sottosegretario per lo Spettacolo alla Presidenza del Consiglio dei ministri durante la legislatura 1947 – 1953 ha fornito documenti dell’Ufficio di revisione cinematografica: in relazione alla pellicola, che aveva il nulla osta n°11 del P.W.B., psycological war branch, nell’appunto a lui destinato in data 4 maggio 1945, il funzionario addetto annota che: “Ritiene inopportuna la revoca del divieto di circolazione” e l’Ufficio dello Spettacolo già il 29 maggio scrive alla Scalera Film: “Questo Sottosegretariato, esaminato il film, di cui venne vietata la circolazione dal P.W.B., conferma il divieto di circolazione.”
Ma la “Scalera Film” insiste e richiede il nulla osta di esportazione per i film realizzato da De Robertis nel 1942, del quale è ancora vietata la circolazione in Italia. Il funzionario (Calvino) appunta allora il 16 maggio 1946 che: “In vista dello specifico carattere del film ed in considerazione della particolare situazione politica, è opportuno confermare il divieto di circolazione.”
Ed ancora un altro appunto, redatto dallo stesso funzionario il 5 luglio 1947: “Il film descrive la vita dei sommergibilisti di una base navale ed il combattimento vittorioso di un nostro sommergibile contro un sommergibile alleato. La pellicola, realizzata da regista di valore, presenta, sul piano tecnico artistico, notevoli pregi. Le parti descrittive, relative alle azioni di guerra, hanno un tono moderato e non assumono accenti di polemica contro gli Alleati. Si ritiene di poter concedere il nulla osta di esportazione, lasciando alla censura dei singoli Stati, ogni decisione circa l’opportunità di ammetterne la programmazione.”
Poi, alla domanda di revisione del 27 gennaio 1948, finalmente “Esprime parere favorevole a condizione che vengano eliminate le scene ove appaiono distintivi e fasci littori o si effettuano saluti fascisti. Eliminare il grido “Viva il Re” e attenuare le scene ove sulla bandiera è visibile lo stemma sabaudo. La vicenda si conclude con una lettera della Scalera Film, datata 23 febbraio 1949 che conferma: “Questa Casa cinematografica, presa conoscenza di quanto stabilito per la presentazione al pubblico del film “Alfa Tau”, dà assicurazione che nelle nuove copie del film, che saranno messe in circolazione è stato provveduto a eliminare: scene ove appaiono distintivi e fasci littori, scene ove si effettuano saluti fascisti, il grido di “Viva il Re” e le scene dove appare la bandiera italiana con lo stemma sabaudo.”
Fonte Wikipedia
I sette dell’Orsa Maggiore è ispirato alle vere imprese di guerra di Luigi Durand de la Penne e dei suoi compagni della X° MAS.
L’Orsa Maggiore è il nome di una squadriglia speciale della Regia Marina italiana che compie azioni di sabotaggio durante la seconda guerra mondiale.
I subacquei utilizzano dei mezzi capaci di immergersi detti maiali. Eseguita la prima missione vittoriosa a Gibilterra, minano tre navi britanniche, ma in questa azione muoiono un sommozzatore e un agente segreto donna che li aiuta da terra. Nella seconda azione, ad Alessandria d’Egitto gli uomini di de la Penne riescono ad affondare la corazzata Valiant, della flotta inglese.
La produzione di Carlo Ponti e Luigi De Laurentiis garantisce i mezzi per un cast di rilievo, con Paolo Panelli e Paul Müller. È un film di esordio per Eleonora Rossi Drago, Riccardo Garrone e Mimmo Poli. Nella film anche debutta Tino Carraro. Nel cast c’è Charles Fawcett, uno dei pochi attori successivamente il regista riconfermerà in un altro film.
Nel film presenti anche dei veri operatori assaltatori della Xª Flottiglia MAS. Tra i personaggi coinvolti probabilmente anche Luigi Ferraro, (mai accertato) ufficiale e pioniere della subacquea, incursore della Regia Marina durante la seconda guerra mondiale, decorato con la Medaglia d’oro al valor militare ed al quale il regista De Robertis si ispirò per il suo film Mizar (Sabotaggio in mare).
La colonna sonora è del maestro Nino Rota, che come il regista era Pugliese. Il soggetto e la sceneggiatura sono affidati allo scrittore Giuseppe Berto e all’autore Marcantonio Bragadin. Il titolo per l’estero è “Hell Raiders of the Deep”.
In seguito è stata realizzata una versione del film in DVD. In locandina un “mix” di cinque immagini di mare, donne e marinai. I nomi in manifesto sono: Eleonora Rossi Drago e Pierre Cressoy.
Gli stessi fatti sono raccontati, visti dall’altra parte, nel (successivo) film britannico “L’affondamento della Valiant” (1962).
La nave bianca, film del 1941 diretto da Roberto Rossellini con la supervisione di Francesco De Robertis.
Durante la seconda guerra mondiale, i marinai imbarcati su una nave da battaglia della Regia Marina Italiana, intrattengono una fitta corrispondenza epistolare con le madrine di guerra. Il marò fuochista Augusto Basso scambia le sue lettere con Elena Fondi, una maestrina di scuola elementare.
Elena ha diviso in due pezzi una medaglietta, metà l’ha tenuta lei e metà l’ha inviata ad Augusto. I due si danno appuntamento alla stazione ferroviaria di Taranto, ma quando Augusto sta per sbarcare, la nave salpa improvvisamente per prendere parte ai combattimenti di Punta Stilo e di Capo Teulada.
Durante i combattimenti, molti marinai vengono feriti tra cui lo stesso Basso che deve subire un intervento chirurgico. Caricato sull’idrovolante sanitario viene trasferito sulla nave ospedale Arno e affidato alle cure delle Infermiere del Corpo Volontario. Tra queste vi è anche Elena.
Elena riconosce Augusto attraverso la medaglietta, ma decide di non svelare la sua identità. Tutti i feriti sono preoccupati per la sorte della loro nave che ancora non ha fatto ritorno in porto. Elena si fa dettare da Augusto una lettera indirizzata a se stessa e gli scrive una lettera di risposta. Dopo avergliela letta Augusto si accorge della medaglietta indossata da Elena e la riconosce.
La nave rientra finalmente in porto, tutti i compagni di Augusto escono sul ponte per salutarla mentre lui è ancora immobilizzato a letto. Con l’aiuto di Elena che lo abbraccia e lo solleva riesce anche lui a vedere il passaggio della nave attraverso l’oblò.
Prodotto da Cesare Girosi (anche aiuto regista) per il Centro Cinematografico della Marina, il film è stato distribuito dalla Scalera Film. La supervisione del progetto è di Francesco De Robertis (già regista di Uomini sul fondo, di ambientazione analoga), anche sceneggiatore insieme a Rossellini.
Il supporto del Ministero ha reso possibili le riprese in ambientazioni reali, invece che in ambienti ricostruiti in studio. Gran parte del film è stata girata sulla nave ospedaliera Arno e su una nave da guerra. Il cast è interamente composto da attori non professionisti, molti dei quali membri dell’equipaggio della nave ospedaliera.
Dopo la presentazione al Festival di Venezia del 1941, La nave bianca è uscito nelle sale italiane il 14 settembre 1941. In Francia è uscito nel 1943 con il titolo Le navire blanc. Dopo la fine della guerra è stato concesso il nulla osta per l’esportazione. Nei paesi di lingua inglese il film è noto con il titolo The White Ship.
«Rossellini mette subito in luce le sue capacità di raccontare cercando di aggirare con tutti i mezzi il ricorso a figure retoriche forti. Il suo cattolicesimo lo fa porre al di là di un’ottica coinvolta nella contingente ideologia bellicista, così come le sue scelte anti spettacolari sono forse scelte di etica a cui resterà per sempre legato. Lo stile dimesso, l’immediatezza della costruzione dell’inquadratura non risultano affatto centrifughe rispetto alle direttive del regime, ma neppure ne esaltano la vis guerresca |
Fonte wikipedia»
La 5° Armata Americana si accinge ad invadere l’Europa nazista attraverso l’Italia. Lo fa a sud di Salerno con la forza anfibia del Generale Clark. Oggi quel lato di costa che ha visto il più importante e imponente sbarco di soldati, è una sviluppata area turistica, ma i relitti dello sbarco sono ancora tutti li.
Tutto ha avuto inizio nell’estate del 1991, quando quattro ragazzi con la passione della subacquea durante un’immersione, scoprirono un relitto. Probabilmente i resti di una nave militare visto il ritrovamento sul posto di un bossolo da 20 mm datato 1943. Questo alimenta la loro curiosità e presto iniziarono le ricerche chiedendo informazioni a chi con il mare ci viveva.
Inizia così, una ricerca attraverso la scansione con ecoscandaglio del fondale marino, alla ricerca di qualche variazione importante di quota. Il golfo, da Salerno fino ad Agropoli è molto lungo e privo di scogli. Avere la fortuna di beccare subito dei relitti è molto difficile.
Dopo giorni di ricerche, l’ecoscandaglio finalmente rileva qualcosa. Lanciato il pedagno in mare non resta che immergersi e vedere con i propri occhi di cosa si tratta. Nell’acqua torbida inizia a intravedersi una sagoma a circa 24 metri di profondità. La forma è quella di un aereo, con il muso nel fango e un’ala mancante.
Il passo successivo era quello di capire quale tipo di aereo fosse e la nazionalità. Il mistero non rimase tale a lungo. Grazie al ritrovamento della bussola, si poté leggere sul quadrante la scritta “Berlin”. L’aereo era tedesco! Probabiliste era stato abbattuto dagli stessi proiettili rinvenuti sull’altro relitto. Effettuati i vari rilevamenti sui resti dell’aereo e grazie ad alcuni dettagli, i sub risalirono al modello dell’aereo.
Era uno Junkers JU88A, un mezzo utilizzato come aero-silurante come dimostrato dalle slitte per i siluri. Probabilmente il relitto era sconosciuto fino ad allora, visto che la bussola era ancora a bordo e non era già diventata un cimelio di qualcun altro.
A fine estate sospesero le ricerche con la promessa di riprenderle al più presto. Probabilmente non avevano idea dell’importante scoperta che in futuro avrebbero fatto.
Dall’ultimo ritrovamento passarono circa 7 anni. Nel 1998 i ragazzi vennero a conoscenza di una riunione di alcuni reduci dello sbarco Anglo-Americano. Dall’incontro con i reduci, riuscirono ad avere altre importanti informazioni. L’area da loro scandagliata era ristretta rispetto a quella raccontata dagli ex soldati durante lo sbarco.
Per compiere l’impresa sarebbe servita una barca più grande e attrezzata per la ricarica delle bombole e per la permanenza a bordo come racconta Marcello Adamo (uno dei sub) nel video documentario.
Ma ben presto il problema fu risolto. Uno dei ragazzi, durante una visita dal dentista, venne a conoscenza della passione per la subacquea del dottore, e questi era anche proprietario di una barca che aveva le caratteristiche idonee per la missione.
Grazie alla conformazione fangosa e priva di scogli del litorale, è facile notare sagome sul fondo del mare, soprattutto se l’ecoscandaglio segnala la presenza di pesce. Infatti questi amano gli anfratti per le loro tane, e chi meglio dei relitti non lo è. Dopo qualche ora si imbattono un un banco di pesci e il repentino cambiamento di fondale. Eccolo! Esclama uno dei ragazzi. E giù il pedagno. Ora tocca scendere e vedere di cosa si tratta.
E’ un relitto! Non si tratta dei resti di una nave o di un aereo come le scoperte di 7 anni prima. E’ qualcosa di totalmente diverso e formidabile.
Si tratta questa volta di un carro armato adagiato sul fondo fangoso. Il carro armato era uno Sherman utilizzato dagli americani durante la Seconda Guerra Mondiale. La curiosità di sapere come è finito sul fondo c’è. Probabilmente si è trattato di un incidente.
Il sistema di pesca utilizzato da dei pescatori incontrati in zona, attira la loro curiosità. La coffa, un sistema formato da tante lenze legate a degli ami, è utilizzato perlopiù su secche. Ma essendo una zona sabbiosa probabilmente si tratta di un relitto. Convinti i pescatori delle loro intenzioni, questi accompagnano i sub sul punto.
Arrivati sul punto segnalato dal pescatore, non resta che scendere. Si tratta di un relitto di un mezzo da sbarco americano LCVP.
Dopo poco le ricerche si fermano a causa delle condizioni meteo e nella sosta ad Agropoli incontrano un ex pescatore, don Peppino che racconta loro molte storie di pesca e di un punto dove le reti rimangono impigliate. Con i riferimenti datigli dal pescatore, iniziano a scandagliare la zona, non perdendo di vista l’ecoscandaglio. Trovato il punto e marcate le coordinate, si va giù.
Avvolto tra le reti, un altro carro armato Sherman. Ripulito il sito dalle reti, i sub notano la differenza rispetto al precedente carro Sherman. Sul fondo vengono ritrovati dei pezzi di gomma. Da una accurata ricerca sugli Sherman, scoprono che si tratta di un particolare carro armato in grado di navigare in mare. Lo Sherman DD. Ma questo risultava ufficialmente utilizzato in Normandia e non per lo sbarco di Salerno.
A questo punto attraverso una conoscente negli Stati Uniti, entrano in contatto con il museo dell’Esercito a Fort Knox. La risposta degli americani fu categorica. Quel tipo di carro, non fu utilizzato per lo sbarco in Italia. L’unica speranza di capire se si trattasse dello Sherman DD è di eseguire uno scavo a poppa e trovare le due eliche. Dopo due giorni di scavo, finalmente riemerge una delle due eliche.
A questo punto non rimane che inviare copia delle riprese al museo. Questi dopo aver visionato il filmato, confermano che il carro è lo Sherman DD e sono anche interessati al recupero, in quanto non vi è neanche un modello su tutto il territorio americano. Ma il gruppo di sub viene colpo da un lutto improvviso. Infatti uno del gruppo, durante un’immersione profonda, perde la vita. Il tutto passa in secondo piano.
Gli Americani invece ancora interessati al recupero del relitto, inviano sul posto la nave appoggio USS Grasp. I militari avevano a disposizione solo quattro giorni per poter tentare il recupero, prima di salpare per un altra missione. Prima con una sorbona e poi con un getto di acqua ad alta pressione attraverso una lancia, finalmente riuscirono a liberare il carro dal fondo fangoso. Non restava altro che tirarlo su.
Imbragato il carro si inizia a tirare delicatamente per vincere la resistenza dovuta dal fango. Inizia la risalita verso l’esterno, mancano soli 5 metri per far riaffiorare lo Sherman dopo quasi 60 anni sul fondo del mare. Ma una cima utilizzata per il recupero si spezza mandando a fondo il carro. Rinunciata l’impresa per motivi di servizio, il carro è rimasto sul fondo del mare fino al 2002, quando il fondatore del Museo Piana delle Orme (Latina) decise di cogliere l’occasione e recuperare il carro armato.
Attraverso una ditta di recupero Napoletana, riuscirono nell’impresa. Girato sul fianco in modo da diminuire la resistenza dell’acqua, fu svuotato dall’acqua e riempito d’aria, così da facilitare la risalita.
A Maggio del 2002, finalmente lo Sherman DD (Duplex Drive) riemerge dopo 59 anni. Restaurato a dovere, oggi il carro armato è in mostra nel Museo Piana delle Orme.
Nel novembre del 2019 il Comune di Capaccio-Paestum attraverso un Diving Center, mappa i relitti dello sbarco per valorizzare l’area e creare un turismo subacqueo nella zona. [articolo]
L’affondamento della Valiant è un film di guerra narra gli eventi riguardanti l’affondamento della corazzata inglese Valiant nel porto di Alessandria d’Egitto.
Nel dicembre del 1941 due subacquei della Regia Marina italiana, il tenente di vascello Luigi Durand de la Penne e il sottocapo Emilio Bianchi, dopo essere stati rilasciati nella zona di azione nelle vicinanze del bersaglio con il sommergibile Scirè, minarono la chiglia della nave da battaglia britannica Valiant con una testata esplosiva del loro “SLC”.
Scoperti mentre tentavano di allontanarsi, e fatti prigionieri a bordo della nave inglese. Interrogati non parlano della loro missione se non all’ultimo momento, per permette a tutti i marinai della nave di salvarsi.
L’esplosione danneggia gravemente la nave ma i due italiani riescono a salvarsi e a guerra finita il comandante inglese vorrà decorare personalmente i due marinai.
Co-prodotto dalla BHP Film Limited e dalla Euro International Film, il film venne girato negli studi della INCIR De Paolis sulla via Tiburtina a Roma, per uscire nelle sale italiane il 7 febbraio 1962. Il regista della seconda unità era Giorgio Capitani.
Incasso accertato sino a tutto il 31 marzo 1964 £ 159.763.806
La corazzata Valiant è stata una delle navi da battaglia britanniche che parteciparono alla distruzione della flotta francese a Mers-el-Kébir. partecipò alla battaglia di capo Matapan e coinvolta in azioni di Battaglia a Creta.
Nel dicembre 1941, insieme alla nave gemella Queen Elizabeth, venne minata e affondata da de la Penne durante un’azione degli incursori della X Mas nel porto di Alessandria d’Egitto. Riemerso, de la Penne venne catturato insieme Bianchi e interrogati dagli inglesi.
Grazie al fondale basso, la Valiant affondò di qualche metro. Una volta recuperata e riparata fu inviata di nuovo nel Mediterraneo per appoggiare gli sbarchi in Sicilia e a Salerno nel 1943.
Nell’agosto del 1944, era in un bacino galleggiante a Trincomalee, la Valiant fu danneggiata quando questo affondò. Le riparazioni furono ritenute inutili e la nave da battaglia fu rimandata nel Regno Unito, dove venne radiata nel luglio 1945.
Fonte: Wikipedia
Anche quest’anno su invito della Capitaneria di Porto, l’Associazione Nazionale Marinai d’Italia sezione di Santa Maria di Castellabate partecipa ai festeggiamenti in onore di Santa Barbara Patrona dei marinai ad Agropoli (SA).
La manifestazione è stata organizzata dalla Guardia Costiera di Agropoli.
Il Comandante del Circomare, Tenente di Vascello (CP) Giulio Cimmino, ha ricevuto gli invitati nella suggestiva chiesa madre di Agropoli, Santa Maria di Costantinopoli. Presenti alla messa tutto il personale libero dal servizio.
Don carlo, parroco della chiesa ha celebrato la Santa Messa.
Vari i Sindaci che vi hanno preso parte alla cerimonia.
Il Sindaco di Agropoli Adamo Coppola. Il Sindaco Di Capaccio Paestum Franco Alfieri, il Sindaco di Castellabate Costabile Spinelli e di Giungano Giuseppe Orlotti.
Oltre alla partecipazione delle Autorità Civili, hanno preso parte alla messa anche le Autorità Militari, tra cui:
Il comandante della Compagnia Carabinieri di Agropoli, Capitano Fabiola Garello.
Il Comandante della Guardia di Finanza Capitano Ciro Sannino.
Il Colonnello Ing. Mario Guariglia, Comandante del Reparto Carabinieri del Comando unità forestali, ambientali e agroalimentari.
Presente una rappresentanza dell’Esercito di Persano e del Vigili del Fuoco.
La cerimonia si è chiusa con i ringraziamenti del Comandante Cimmino con un breve discorso.
Successivamente immancabile la Preghiera del marinaio recitata dal personale del Circomare.
Il giorno 8 dicembre l’Associazione Nazionale Marinai d’Italia di Santa Maria di Castellabate ha organizzato per i festeggiamenti in onore della Santa Patrona Santa Barbara, una Messa nella chiesa del paese dedicata a San Nicola.
Il giorno 1 dicembre l’Associazione Nazionale Marinai d’Italia prenderà parte ai festeggiamenti in onore della Santa Patrona dei Marinai, Santa Barbara su invito dell’ANMI di Salerno.
Non tutti lo sanno ma il 4 novembre è la Festa nazionale dell’Unità e delle Forze Armate.
La poca fama di questa ricorrenza, istituita in pompa magna nel 1919, si deve probabilmente al fatto che dal 1976 essa non rappresenta più un giorno festivo (ecco perché si lavora e si va a scuola!)
La data ricorda il giorno in cui nel 1918 entrò in vigore l’Armistizio di Villa Giusti, che però era stato firmato il giorno prima (quindi il 3 novembre 1918).
Con questo Armistizio, che prese il nome dalla villa a Padova dove avvenne la firma, l’Impero Austro-Ungarico riconosceva la sconfitta e concedeva all’Italia, tra le altre cose, i territori di Trento e Trieste.
Questo trattato di fatto sancì la fine della Prima Guerra Mondiale per il nostro Paese.
Il 4 novembre – ma anche i giorni immediatamente precedenti – il Presidente della Repubblica e le massime cariche dello Stato rendono omaggio al Milite Ignoto, il soldato italiano reso irriconoscibile dalle ferite e la cui salma riposa presso l’Altare della Patria a Roma. Tale monumento è diventato il simbolo di tuti i caduti in guerra di cui non è stato possibile riconoscere l’identità.
Altri luoghi raggiunti dalle autorità sono il Sacrario di Redipuglia, dove si trovano le spoglie dei 100.000 caduti italiani della Grande Guerra. Vittorio Veneto, teatro della battaglia finale che sancì la riscossa dell’esercito italiano nei confronti dell’armata Austro-Ungarica.
Il Cambio della Guardia viene effettuato in forma solenne nel giorno della festa, presso il Palazzo del Quirinale. Il cambio è effettuato dal Reggimento Corazzieri e la Fanfara del IV Reggimento Carabinieri a cavallo in alta uniforme. L’evento si ripete anche in occasione della Festa del Tricolore (7 gennaio) e della Festa della Repubblica Italiana (2 giugno).
Festa forze armate lustra – galleria fotografica
Festa delle Forze Armate a Lustra
Festa delle Forze Armate o Giornata delle Forze Armate e dell’Unità Nazionale è una festa celebrativa nazionale italiana. E’ Istituita nel 1919 come commemorazione alla vittoria italiana nella Prima Guerra Mondiale.
Nel mese di ottobre i Palombari della Marina Militare del Nucleo S.D.A.I. di Napoli, sono intervenuti per la bonifica del relitto di Paestum.
Il relitto, affondato nelle acque di Paestum durante l’operazione Avalanche, si trova adagiato su un fondale di 20/25 metri.
Non è l’unico presente in zona, infatti vi sono altri relitti lungo tutto il litorale.
I Palombari durante l’immersione sul relitto, hanno rinvenuto diverse casse contenenti munizioni di diversa tipologia, nonché numerosi rotoli di miccia.
I Palombari hanno eseguito una ricognizione del sito con l’utilizzo di un metal-detector per la ricerca di altri reperti di interesse. La ricerca ha portato alla luce diversi proiettili. Oltre a questi, gli operatori hanno rinvenuto anche attrezzi da lavoro e pezzi di scorta di armamenti.
L’operazione è proseguita con il recupero e il posizionamento degli ordigni per la successiva detonazione.
A fine operazione, i Palombari della Marina hanno tenuto una Conferenza Stampa presso la Guarda Costiera di Agropoli.
Durante la conferenza, i Palombari hanno illustrato ls loro attività operativa, ma soprattutto quanto svolto durante la bonifica.
Comune di Capaccio Paestum è intenzionato a valorizzare i relitti della Seconda Guerra Mondiale. L’amministrazione ha attivato gli uffici preposti ad avviare le attività utili al raggiungimento dell’obiettivo.
L’Ente sottolinea che “il patrimonio culturale della nostra storia necessita di essere condiviso nel presente, ma soprattutto di venire affidato alle future generazioni”.
Dal 2002 il museo della Piana delle Orma a Latina, ha tra i reperti in mostra un carro armato Sherman DD recuperato nelle acque di Paestum. Il Comune in passato ha richiesto l’assegnazione del carro armato, in quanto rinvenuto nelle acque cilentane, ma la richiesta ha avuto esito negativo.
Tra i relitti presenti c’è anche una nave da sbarco mezzi e truppe. Le sovrastrutture del mezzo fuoriuscivano dall’acqua costituendo pericolo per la navigazione e si decise di demolirle.
Oggi si possono vedere le strutture contorte dovute all’esplosione. Entrambi i relitti sono oramai colonizzati da numerose specie di vita marina.
Oltre ai relitti di Paestum, sulle nostre coste ci sono altri relitti di epoca bellica.
A largo di punta Tresino c’è il relitto dell’Alfieri, requisita dalla Regia Marina alla Tirrenia per motivi bellici. A largo di Punta Licosa c’è il relitto del KT. Questo cargo è poggiato sul fondo in assetto di navigazione. La storia del suo affondamento ad oggi è ignota, probabilmente silurato.
A 9 miglia da Licosa c’è il sommergibile Velella affondato il 7 settembre 43 con 52 marinai a bordo.
In passato sono stati trovati anche resti di aerei.
Il giorno 25 settembre l’Associazione Marinai di Castellabate ha commemorato i marinai del Sommergibile Velella, caduti nell’adempimento del loro dovere il 7 settembre del 1943.
La manifestazione è stata inserita dalla Presidenza Nazionale nella Settimana del Mare del XX raduno Nazionale Marinai d’Italia a Salerno.
Nel 76° anniversario dell’affondamento del Velella, l’Associazione Nazionale Marinai d’Italia gruppo di Santa Maria di Castellabate, commemora i marinai caduti con il sommergibile quel tragico 7 settembre 1943.
Oltre ai gruppi ANMI della Campania tra cui Salerno, Pompeii, Battipaglia, hanno preso parte l’ANSI di Eboli, le Associazioni Carabinieri di Agropoli e Perdifumo.
Presenti anche le Autorità militari. Hanno preso parte alla manifestazione anche la Guardia Costiera di Agropoli con il Comandante TV Giulio Cimmino, la Compagnia Carabinieri di Agropoli con il Capitano Fabiola Garello.
Il Ten. Col. dell’Esercito Antonio Grilletto, il Comandante della locale Polizia Municipale. Una rappresentanza della Guardia di Finanza con il Luogotenente Enzo Tortora.
Presente come sempre il Sindaco di Lustra Cavaliere Giuseppe Castellano.
In rappresentanza della Presidenza Nazionale l’Ammiraglio Di Capua.
La manifestazione di commemorazione del Sommergibile Velella quest’anno è rientrata nella settimana del mare.
La settimana del mare è una rassegna di eventi organizzati dalla Presidenza Nazionale, nel periodo del Raduno Nazionale dei Marinai d’Italia tenutosi a Salerno.
Galleria fotografica della manifestazione del 76° anniversario dell’affondamento del Velella.
FONTE: Marinai d’Italia
L’Associazione Nazionale Marinai d’Italia Gruppo di Santa Maria di Castellabate, commemora il 76° anniversario dell’affondamento del Sommergibile Velella.
Affondato il 7 settembre 1943 a largo di punta Licosa, mentre svolgeva insieme al sommergibile Benedetto Brin, operazione di controllo previsto dal Piano Zeta.
Fu silurato da parte del Sommergibile Britannico Shakespeare, che era in perlustrazione con il compito di radiofaro per l’imminente sbarco alleato nel golfo di Salerno.
La commemorazione del sommergibile Velella, rientra nella settimana del mare organizzata dalla Presidenza Nazionale, per il XX° Raduno Nazionale dei Marinai d’Italia a Salerno .
Per una migliore organizzazione dell’evento, si prega di voler confermare la partecipazione alla cerimonia entro il 1° settembre, indicando anche il numero di soci che vorranno partecipare al pranzo sociale.
La divisa da indossare per la sopracitata manifestazione è la seguente:
Pagina ufficiale del gruppo ANMI S. M. di Castellabate
Festa della repubblica 2019
La Festa della Repubblica italiana si festeggia, come ogni anno, il 2 giugno. Ricorda il referendum con cui gli italiani furono chiamati a votare nel 1946 per scegliere la forma di governo. Repubblica o Monarchia. Oggi il 2 giugno è una festa nazionale, ma all’epoca il clima era tutt’altro che festoso. L’Italia era appena uscita dalla Seconda guerra mondiale e il voto si svolse tra le macerie dei bombardamenti alleati e quelle delle demolizioni dei nazisti in ritirata, con centinaia di migliaia di italiani ancora sparsi per i campi di prigionia in tutto il mondo, intere province sotto governo militare straniero e un clima che sembrava vicino a quello di una guerra civile. Alla fine gli italiani scelsero la Repubblica, con 12.718.641 voti contro i 10.718.502 della Monarchia.
Ci sono state delle eccezioni. La Festa della Repubblica non è stata celebrata in alcuni periodi. Essa esiste dal 1948. Per molti anni, e per ragioni economiche, fu resa una “festa mobile”, e fatta ricorrere la prima domenica di giugno: lo si decise nel 1977 a causa della crisi economica, per non perdere un giorno lavorativo. Nell’anno precedente, il 1976, la parata militare era stata annullata a causa del terremoto del Friuli Venezia Giulia. Nel 2000 il secondo governo Amato, su iniziativa del presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, ristabilì la data del 2 giugno, insieme alle celebrazioni ufficiali.
I risultati ufficiali del referendum furono annunciati il 18 giugno 1946, e fu quel giorno che la Corte di Cassazione proclamò ufficialmente la nascita della Repubblica Italiana: 12.718.641 italiani avevano votato a favore della repubblica, 10.718.502 a favore della monarchia e 1.498.136 avevano votato scheda bianca o nulla. Lo spoglio del risultato mostrò chiaramente che l’Italia era divisa in due metà. Nel nord Italia la repubblica vinse in quasi tutti i centri urbani principali, mentre al sud il voto fu quasi ovunque prevalente per la monarchia (a Napoli 900 mila voti per la monarchia contro 250 mila per la repubblica; a Palermo quasi 600 mila contro 380 mila); a Roma i voti per la monarchia superarono di poco quelli per la repubblica (circa 30 mila schede). La repubblica ottenne il risultato più ampio a Trento, dove conquistò l’85 per cento dei consensi.
Contemporaneamente, gli italiani votarono anche per eleggere i membri dell’Assemblea costituente. La Democrazia Cristiana ottenne la maggioranza relativa dei 556 deputati, 207, mentre al secondo posto arrivarono i socialisti e i comunisti arrivarono al terzo.
Era la notte del 17 giugno 1841 quando il piroscafo Polluce affondava poco fuori le coste dell’isola d’Elba. L’affondamento avvenne dopo una collisione con il piroscafo Mongibello, trascinando sul fondo un carico di preziosi, monete e gioielli. [1]
Il Polluce piroscafo costruito presso i cantieri della Normand di Le Havre nel 1839, fu acquistato dalla compagnia di navigazione De Luchi-Rubattino, insieme alla sua gemella Castore. Equipaggiata con motore a vapore di fattura inglese, erogava una potenza di 160 CV che muoveva le due ruote a pale laterali in grado di raggiungere una velocità di 10 nodi. Faceva base nel porto di Genova dove entrò in servizio nell’aprile 1841 coprendo la tratta Marsiglia – Genova – Livorno – Civitavecchia – Napoli. [2]
Alle 23,45 del 17 giugno il Polluce venne in collisione con il piroscafo Mongibello, a largo dell’isola d’Elba a poche miglia da Capo Calvo.
La vapore napoletano Mongibello, dopo il sinistro, si trovò al centro di una vicenda poco chiara ma dai possibili risvolti politici di importanza storica. Per fortuna le persone presenti a bordo tra passeggeri ed equipaggio riuscirono a salvarsi tutti, tranne Antonio Castagliola Capitano napoletano fuori servizio che dormiva in coperta dietro la ruota di sinistra.
La dinamica dell’incidente fa pensare che lo speronamento sia stato un fatto volontario. Si presume che il Polluce aveva a bordo qualcosa che non doveva giungere a Genova, magari aiuti finanziari forniti dagli inglesi ai patrioti italiani.[2]
La compagnia di Rubattino intentò causa ai vapori napoletani, vincendo il processo svoltosi a Livorno nel 1842, ma non fu mai risarcito, allo stesso modo i passeggeri, perché la nave non era assicurata.
Rubattino poco dopo, cercò di recuperare il relitto e soprattutto il carico, con un’impresa alquanto ardita per l’epoca. Tentarono di far risalire il relitto con un sistema di catene, che stringendosi sotto la carena del piroscafo avrebbe iniziato a tirarlo su. Il tentativo fallì perché la catena si spezzò a causa di un bastimento che spinse un po’ troppo. L’albero del piroscafo era appena fuoriuscito dall’acqua, ma finì di nuovo sul fondo.
Tutti i dettagli quel recupero si conoscono grazie a Cesare de Laugier, colonnello napoleonico natio dell’Elba. Il libretto era composto da 48 pagine, e pubblicato dopo una settimana dal tentativo di recupero nel novembre 1841.
Poco dopo una società di Livorno tentò di individuare il relitto ma non vi riuscì, lo stesso fece il Ministero della Guerra di Parigi. [2]
Il sindaco dell’Elba, agli inizi degli anni 20, provò più volte a individuarlo. Nel 1936 la So.Ri.Ma. (Società Ricuperi Marittimi) di Genova, società specializzata in attività navali di recupero ed operazioni subacquee ad alta profondità, pare riuscì a localizzare il relitto, ma dovette abbandonare a causa di un lavoro urgente in Sardegna.
Quando i palombari della So.Ri.Ma. abbandonarono l’isola d’Elba, quella del Polluce rimase solo leggenda.
Un francese si impossessò degli atti del processo che per anni erano rimasti sconosciuti. Questi pare li avrebbe successivamente venduti ad una società inglese. [2]
Nel 2000 un gruppo di inglesi attraverso il consolato britannico di Firenze chiese il permesso per effettuare un’operazione di recupero di un carico d’alluminio dal relitto del Glenlogan. Mercantile inglese affondato nel 1916 da un U-boot che giace in fondo al mare di Stromboli, ma segnalando le coordinate del relitto del Polluce.
Nessuna Autorità competente si rese conto che quelle coordinate indicavano un punto diverso e diedero l’autorizzazione. Affittato il rimorchiatore a Genova, dove era installata una gru con benna, iniziarono le operazioni di recupero.
Dopo 21 giorni di lavoro, gli inglesi ripartirono con i gioielli recuperati, il valore era di circa un milione e mezzo di Euro tra monete d’oro e argento, monili dell’Ottocento, vasellame, cristalli e orologi). Alla Capitaneria di Porto italiana dichiararono di aver recuperato una piccola parte del carico dal Glenlogan. [3]
Mentre alle autorità inglesi diedero una versione diversa. Dichiararono di aver trovato molto materiale, ma su un relitto situato in acque internazionali (garanzia di proprietà del recupero nel caso che nessuno ne reclami i diritti). Un’indagine svolta dai Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale di Firenze, nel 2002, portò al sequestro da parte di Scotland Yard della refurtiva presso la casa d’aste londinese Dix Noonan Webb, e riconsegnata all’Italia.
Il recupero mediante benna fu talmente invasiva da aver compromesso l’integrità del relitto, ma soprattutto la mancanza della quasi totalità delle monete d’oro. Questo ha decretato la perdita di un grosso patrimonio finita sicuramente sul mercato nero, ma soprattutto una perdita storica. [3]
Nel 2004 sul sito furono fatti degli studi per recuperare quanto ancora giaceva sul fondo, dopo che gli inglesi lo avevano depredato. Lo studio fu eseguito per opera dell’HDS della ditta Marine Consulting di Ravenna e Capmar Studios che sponsorizzarono l’operazione, in collaborazione con il Ministero dei Beni Culturali, della Soprintendenza a Beni Culturali della Toscana e del Comune di Porto Azzurro.
Un recupero importante è avvenuto nell’ottobre del 2005 con un recupero molto importante del carico, prima operazione al mondo eseguito con le moderne tecnologie dell’immersione in saturazione.
Durante i lavori sul relitto, sono emersi blocchi di monete in perfetto stato, racchiuse in contenitori di piombo. Tante migliaia di colonnati spagnoli d’argento, decine di monete d’oro da 20 franchi francesi. Oltre ai monili sono stati recuperati anche oggetti d’uso comune che sono stati consegnati alle autorità competenti.
Nel 2014 la Marina, con l’utilizzo dell’Anteo e del GOS, hanno recuperato altre monete, che si aggiungono a quelle recuperate nel 2007 e 2008. Grazie all’utilizzo del ROV PEGASO che ha aiutato il personale nel recupero. Il ROV PEGASO Un sofisticato sistema robotico dotato di bracci manipolatori, telecamere ad alta definizione e sonar di ultima generazione, che può raggiungere i 2.000 metri di profondità. [2]
Da questa vicenda è stato scritto un libro “L’oro dell’Elba: Operazione Polluce“, di Enrico Cappelletti e Gianluca Mirto. Un’inchiesta condotta con rigore nella ricostruzione degli eventi e anche con una vena di avventura, tra intrighi internazionali e storie misteriose che hanno attraversato i secoli tra dicerie e leggende.
Dopo il libro è la volta di un documentario dal titolo L’enigma del Polluce, regia di Pippo Cappellano. In colaborazione con MINISTERO per i BENI e le ATTIVITA’ CULTURALI, SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHEOLOGICI DELLA TOSCANA, MINISTERO DELLA DIFESA MARINA MILITARE, COMANDO CARABINIERI per la Tutela del Patrimonio Culturale, CENTRO CARABINIERI SUBACQUEI di Genova.
Sponsor ufficiali dell’operazione:
THE HISTORICAL DIVING SOCIETY ITALIA, MARINE CONSULTING, COOP NAZIONALE SOMMOZZATORI, CAPMAR STUDIOS.
FONTE:
Le riprese esterne di marinai in coperta sono state svolte a La Spezia e Portovenere
Antonio sta cercando in tutti i modi di diventare un cantante di successo, ma tra lui e la carriera improvvisamente si inserisce la chiamata alle armi. Infatti viene arruolato per il servizio militare nella marina militare.
Sotto le armi fa amicizia con Lucio, figlio di un ricco industriale, e con Ferruccio, che spera di vincere una causa concernente un’eredità.
I tre hanno modo di fidanzarsi con tre ragazze: Ferruccio si consolerà della mancata ricchezza dovuta all’eredità con l’amore della sua fidanzata. Lucio invece alla fine investe in una attività commerciale, infatti compra un bar. Antonio finalmente riesce a far avverare il suo sogno di sempre, riuscendo a firmare un importante contratto con una casa discografica.
Fonte marinai in coperta Wikipedia
Little Tony | … | Tony Raimondo | |
Spela Rozin | … | Donatella Pellegatti (as Sheila Rossin) | |
Ferruccio Amendola | … | Ferruccio | |
Lucio Flauto | … | Lucio Pellegatti | |
Ignazio Leone | … | Orione | |
Liliana Chiari | … | Liliana | |
Léa Nanni | … | Carla | |
Nino Scardina | … | Libero | |
Enrico Ciacci | … | Self | |
Rosi Di Pietro | … | Self | |
Ivan Basilivan | … | Self | |
Tullio Altamura | … | Cesare Raimondi | |
Umberto D’Orsi | … | Teddy Rodano | |
Bruno Scipioni | … | Sergeant | |
Tino Scotti | … | Comm. Pellegatti |
Ufficiale della Marina e pioniere della subacquea, ha indossato la divisa di incursore nella Regia Marina durante la seconda guerra mondiale e fu decorato con la Medaglia d’Oro al Valor Militare.
Il Comandante Luigi Ferri è un militare che presta servizio come sommozzatore nella Regia Marina. A lui vengono affidati importanti e pericolose missioni durante la recente guerra.
Una di queste missioni è il recupero di un cifrario segreto appartenente alla Marina Inglese, che si trova a bordo di un cacciatorpediniere inglese affondato dall’aviazione italiana.
La missione è difficile, ma superate le difficoltà, soprattutto esponendosi ai pericoli, Ferri riesce a recuperare il cifrario.
Con lui c’è Mizar, una giovane sommozzatrice che dipende dal servizio segreto della Marina, e continuerà a contribuire con il suo aiuto alle missioni assegnate al Comandante Ferri, anche quando gli viene affidata una nuova missione in Turchia.
Una volta in Turchia la missione si svolge in un porto neutrale. Ferri, con l’utilizzo di particolari bombe che applicate sotto la chiglia delle navi attraccate, dovranno danneggiarle e affondare. Riesce nell’intento affondando tre piroscafi carichi di materiale bellico destinato agli eserciti nemici.
Il comando alleato fa di tutto per catturarlo, ma Ferri, grazie all’aiuto del console italiano, riesce a scappare con un aereo insieme alla fidata Mizar, che alla fine della guerra sposerà.
La produzione è realizzata per la seconda (e ultima) volta da Film Costellazione. Il film ha due versioni per l’estero con i titoli: “Mizar (Sabotage en mer)” e “Mizar (Frogwoman)”.
Nel cast il regista inserisce attori famosi, come Silvana Jachino, Antonio Centa, e Franco Silva.
Presente ache Lia Di Leo, miss pugliese ed attrice originaria di Taranto. Per la seconda volta Charles Fawcette Paolo Stoppa, due tra i pochi attori che il regista riconferma in un’altra pellicola.
De Robertis si affida ancora ad un cast tecnico affiatato: per la fotografia a Carlo Bellero, che firma, in tutto, otto sue pellicole, con Dino Reni (Bernardo Procacci) operatore alla macchina. La colonna sonora è realizzata dal compositore Annibale Bizzelli, Il montaggio è a cura di Eraldo Da Roma.