La 5° Armata Americana si accinge ad invadere l’Europa nazista attraverso l’Italia. Lo fa a sud di Salerno con la forza anfibia del Generale Clark. Oggi quel lato di costa che ha visto il più importante e imponente sbarco di soldati, è una sviluppata area turistica, ma i relitti dello sbarco sono ancora tutti li.
I relitti dello sbarco, il primo ritrovamento
Tutto ha avuto inizio nell’estate del 1991, quando quattro ragazzi con la passione della subacquea durante un’immersione, scoprirono un relitto. Probabilmente i resti di una nave militare visto il ritrovamento sul posto di un bossolo da 20 mm datato 1943. Questo alimenta la loro curiosità e presto iniziarono le ricerche chiedendo informazioni a chi con il mare ci viveva.
Inizia così, una ricerca attraverso la scansione con ecoscandaglio del fondale marino, alla ricerca di qualche variazione importante di quota. Il golfo, da Salerno fino ad Agropoli è molto lungo e privo di scogli. Avere la fortuna di beccare subito dei relitti è molto difficile.
Il secondo ritrovamento
Dopo giorni di ricerche, l’ecoscandaglio finalmente rileva qualcosa. Lanciato il pedagno in mare non resta che immergersi e vedere con i propri occhi di cosa si tratta. Nell’acqua torbida inizia a intravedersi una sagoma a circa 24 metri di profondità. La forma è quella di un aereo, con il muso nel fango e un’ala mancante.
Il passo successivo era quello di capire quale tipo di aereo fosse e la nazionalità. Il mistero non rimase tale a lungo. Grazie al ritrovamento della bussola, si poté leggere sul quadrante la scritta “Berlin”. L’aereo era tedesco! Probabiliste era stato abbattuto dagli stessi proiettili rinvenuti sull’altro relitto. Effettuati i vari rilevamenti sui resti dell’aereo e grazie ad alcuni dettagli, i sub risalirono al modello dell’aereo.
Era uno Junkers JU88A, un mezzo utilizzato come aero-silurante come dimostrato dalle slitte per i siluri. Probabilmente il relitto era sconosciuto fino ad allora, visto che la bussola era ancora a bordo e non era già diventata un cimelio di qualcun altro.
A fine estate sospesero le ricerche con la promessa di riprenderle al più presto. Probabilmente non avevano idea dell’importante scoperta che in futuro avrebbero fatto.
7 anni dopo
Dall’ultimo ritrovamento passarono circa 7 anni. Nel 1998 i ragazzi vennero a conoscenza di una riunione di alcuni reduci dello sbarco Anglo-Americano. Dall’incontro con i reduci, riuscirono ad avere altre importanti informazioni. L’area da loro scandagliata era ristretta rispetto a quella raccontata dagli ex soldati durante lo sbarco.
Per compiere l’impresa sarebbe servita una barca più grande e attrezzata per la ricarica delle bombole e per la permanenza a bordo come racconta Marcello Adamo (uno dei sub) nel video documentario.
Ma ben presto il problema fu risolto. Uno dei ragazzi, durante una visita dal dentista, venne a conoscenza della passione per la subacquea del dottore, e questi era anche proprietario di una barca che aveva le caratteristiche idonee per la missione.
Il ritorno sui relitti dello sbarco
Grazie alla conformazione fangosa e priva di scogli del litorale, è facile notare sagome sul fondo del mare, soprattutto se l’ecoscandaglio segnala la presenza di pesce. Infatti questi amano gli anfratti per le loro tane, e chi meglio dei relitti non lo è. Dopo qualche ora si imbattono un un banco di pesci e il repentino cambiamento di fondale. Eccolo! Esclama uno dei ragazzi. E giù il pedagno. Ora tocca scendere e vedere di cosa si tratta.
E’ un relitto! Non si tratta dei resti di una nave o di un aereo come le scoperte di 7 anni prima. E’ qualcosa di totalmente diverso e formidabile.
Si tratta questa volta di un carro armato adagiato sul fondo fangoso. Il carro armato era uno Sherman utilizzato dagli americani durante la Seconda Guerra Mondiale. La curiosità di sapere come è finito sul fondo c’è. Probabilmente si è trattato di un incidente.
Il sistema di pesca utilizzato da dei pescatori incontrati in zona, attira la loro curiosità. La coffa, un sistema formato da tante lenze legate a degli ami, è utilizzato perlopiù su secche. Ma essendo una zona sabbiosa probabilmente si tratta di un relitto. Convinti i pescatori delle loro intenzioni, questi accompagnano i sub sul punto.
Il mezzo da sbarco
Arrivati sul punto segnalato dal pescatore, non resta che scendere. Si tratta di un relitto di un mezzo da sbarco americano LCVP.
Dopo poco le ricerche si fermano a causa delle condizioni meteo e nella sosta ad Agropoli incontrano un ex pescatore, don Peppino che racconta loro molte storie di pesca e di un punto dove le reti rimangono impigliate. Con i riferimenti datigli dal pescatore, iniziano a scandagliare la zona, non perdendo di vista l’ecoscandaglio. Trovato il punto e marcate le coordinate, si va giù.
Un altro carro armato, lo Sherman DD
Avvolto tra le reti, un altro carro armato Sherman. Ripulito il sito dalle reti, i sub notano la differenza rispetto al precedente carro Sherman. Sul fondo vengono ritrovati dei pezzi di gomma. Da una accurata ricerca sugli Sherman, scoprono che si tratta di un particolare carro armato in grado di navigare in mare. Lo Sherman DD. Ma questo risultava ufficialmente utilizzato in Normandia e non per lo sbarco di Salerno.
A questo punto attraverso una conoscente negli Stati Uniti, entrano in contatto con il museo dell’Esercito a Fort Knox. La risposta degli americani fu categorica. Quel tipo di carro, non fu utilizzato per lo sbarco in Italia. L’unica speranza di capire se si trattasse dello Sherman DD è di eseguire uno scavo a poppa e trovare le due eliche. Dopo due giorni di scavo, finalmente riemerge una delle due eliche.
A questo punto non rimane che inviare copia delle riprese al museo. Questi dopo aver visionato il filmato, confermano che il carro è lo Sherman DD e sono anche interessati al recupero, in quanto non vi è neanche un modello su tutto il territorio americano. Ma il gruppo di sub viene colpo da un lutto improvviso. Infatti uno del gruppo, durante un’immersione profonda, perde la vita. Il tutto passa in secondo piano.
Si tenta il recupero dello Sherman DD
Gli Americani invece ancora interessati al recupero del relitto, inviano sul posto la nave appoggio USS Grasp. I militari avevano a disposizione solo quattro giorni per poter tentare il recupero, prima di salpare per un altra missione. Prima con una sorbona e poi con un getto di acqua ad alta pressione attraverso una lancia, finalmente riuscirono a liberare il carro dal fondo fangoso. Non restava altro che tirarlo su.
Imbragato il carro si inizia a tirare delicatamente per vincere la resistenza dovuta dal fango. Inizia la risalita verso l’esterno, mancano soli 5 metri per far riaffiorare lo Sherman dopo quasi 60 anni sul fondo del mare. Ma una cima utilizzata per il recupero si spezza mandando a fondo il carro. Rinunciata l’impresa per motivi di servizio, il carro è rimasto sul fondo del mare fino al 2002, quando il fondatore del Museo Piana delle Orme (Latina) decise di cogliere l’occasione e recuperare il carro armato.
Il recupero
Attraverso una ditta di recupero Napoletana, riuscirono nell’impresa. Girato sul fianco in modo da diminuire la resistenza dell’acqua, fu svuotato dall’acqua e riempito d’aria, così da facilitare la risalita.
A Maggio del 2002, finalmente lo Sherman DD (Duplex Drive) riemerge dopo 59 anni. Restaurato a dovere, oggi il carro armato è in mostra nel Museo Piana delle Orme.
Nel novembre del 2019 il Comune di Capaccio-Paestum attraverso un Diving Center, mappa i relitti dello sbarco per valorizzare l’area e creare un turismo subacqueo nella zona. [articolo]