La costruzione della nave fu commissionata al cantiere navale fiumano “Danubius” in virtù di un compromesso con la classe politica ungherese che pretese la costruzione di una corazzata a Fiume, che all’epoca apparteneva alla parte ungherese della duplice monarchia. La costruzione della corazzata iniziò nel 1912 e fu ultimata dopo due anni.
Successivamente l’allestimento fu ultimato con la dotazione degli armamenti necessari e, allo scoppio della prima guerra mondiale, fu trasferita nell’arsenale militare di Pola per essere completata.
La Santo Stefano entrò in servizio il 17 novembre 1915, con un ritardo sul programma originario. Il nome Szent István le fu dato in onore del re fondatore dello Stato ungherese, e gli venne attribuito solo dopo l’entrata in servizio.
Nel corso della guerra, la Szent István ricoprì un ruolo marginale e perlopiù rimase spesso alla fonda nell’arsenale di Pola. Le prime azioni di guerra risalgono alla fine del 1915, quando la corazzata effettuò diverse uscite in mare, per testarne la potenza dell’armamento appena fuori Pola.
Il 23 dicembre la nave fu ufficialmente inserita nella 1ª squadriglia e a febbraio ripeté l’uscita con le navi della stessa classe. A parte qualche uscita di esercitazione nell’Adriatico, per tutto il 1916 la Santo Stefano rimase alla fonda nel golfo di Pola. Le innumerevoli incursioni aeree italiane sul porto non rappresentarono comunque un pericolo per la nave stessa.
Il 1918 la Szent István uscì una sola volta dalla rada prima dell’affondamento, quando assieme alla gemella Viribus Unitis si diresse verso l’isoletta di San Giovanni in Pelago per prove di tiro.
Il 27 febbraio 1918, l’ammiraglio Horthy, nominato comandante della flotta austro-ungarica, decise di impiegare le corazzate in una imponente operazione militare nell’Adriatico meridionale, per forzare lo sbarramento navale del Canale d’Otranto. L’8 giugno la Viribus Unitis e la Prinz Eugen uscirono dal golfo di Pola con sette navi d’appoggio. Il giorno successivo furono seguite dalla Szent István e dalla Tegetthoff con un cacciatorpediniere e sei torpediniere.
Per motivi di segretezza, il presidio a difesa del porto non era stato informato dell’uscita delle navi, e queste non poterono uscire prima delle 22:15 anziché alle 21:00 come programmato.
La notte del 10 giugno 1918 i due motoscafi siluranti italiani MAS 15 e MAS 21, comandati dal Capitano di Corvetta Luigi Rizzo che erano ancorati di fronte Premuda, videro una colonna di fumo proveniente da nord verso le 3:15. Appena si resero conto di ciò che avevano di fronte, col favore della notte si avvicinarono all’obiettivo a bassa velocità.
Alle 3:30 circa, la Szent István, che procedeva ad una velocità di crociera di 14 nodi, fu colpita a dritta da due siluri del MAS 15 lanciati da una distanza di 600 metri, mentre uno dei siluri del MAS 21 colpì la Tegetthoff, ma la mancata esplosione del siluro risparmiò agli austriaci la perdita di una seconda corazzata. Entrambe le siluranti riuscirono poi a portarsi in salvo ad Ancona.
Il primo siluro centrò la nave tra la prima e la seconda ciminiera, mentre il secondo all’altezza della ciminiera poppiera. Tra nuvole di fumo e di acqua la nave cominciò a imbarcare grandi quantità d’acqua e a sviluppare incendi nella zona caldaie. Il comandante Heinrich Seitz tentò di salvare la nave, dirigendosi verso terra. La Tegetthoff cercò di trainare la corazzata ma per il pericolo di rovesciamento le funi furono sciolte.
Alle 6:05 la nave iniziò a rovesciarsi, e nel giro di sette minuti scomparve tra i flutti. La perdita della Szent István fu un duro colpo per la Marina austro-ungarica, che da quel momento sospese ogni azione sul mare. In Italia, l’impresa di Premuda, una delle più audaci operazioni nella storia della Marina italiana, ebbe vasta eco e servì a rafforzare il morale delle truppe al fronte.
A riconoscimento dell’eroismo per tale impresa, il Capitano Rizzo venne insignito della Croce di Cavaliere dell’Ordine militare di Savoia, infatti, in virtù del R.D. 25 maggio 1915 n. 753, che vietava di conferire alla stessa persona più di tre medaglie al valore cumulativamente d’argento e d’oro, non poté fregiarsi della seconda medaglia d’oro al valor militare. Tale limitazione fu abrogata con il R.D. 15 giugno 1922 n. 975 e quindi con il R.D. 27 maggio 1923 gli fu revocata la nomina a cavaliere dell’Ordine militare di Savoia e concessa la medaglia d’oro al valor militare con questa motivazione:
«Comandante di una sezione di piccole siluranti in perlustrazione nelle acque della Dalmazia, avvistava una poderosa forza navale nemica, composta di due corazzate e numerosi cacciatorpediniere e senza esitare, noncurante del grande rischio, dirigeva immediatamente con la sezione all’attacco. Attraversava con incredibile audacia e somma perizia marinaresca la linea fortissima delle scorte e lanciava due siluri contro una delle corazzate nemiche colpendola ripetutamente in modo da affondarla. Liberavasi con grande abilità dal cerchio di cacciatorpediniere che da ogni lato gli sbarrava il cammino e inseguito e cannoneggiato da uno di essi, con il lancio di una bomba di profondità lo faceva desistere dall’inseguimento, danneggiandolo gravemente.
Costa Dalmata, notte sul 10 giugno 1918»