PREFAZIONE – Ugo Elia giovane marinaio della classe 1940, nato a Santa Maria di Castellabate (SA), oggi all’età di 81 anni sembra addentrarsi in un racconto come a voler rivivere un film, sempre più spesso vissuto da coloro che hanno prestato servizio nella Marina Militare.
Imbarcato sul Sommergibile Calvi, si trova di guardia durante una tempesta che scaglia flutti schiumosi contro la sagoma dell’unità ormeggiata in porto e che mette a dura prova la giovane vita di un marinaio.
La violenza dei flutti scuote il senso di responsabilità che l’incarico di guardia gli è stato assegnato e con l’aiuto di un commilitone riesce a sistemare i cavi nella giusta trazione, destreggiandosi con esperienza, dovere e abnegazione, sotto l’incubo della paura, trovandosi in situazione di particolare difficoltà, che ben presto si eclissa nelle righe del ricordo, scritto con l’orgoglio di chi sa di aver fatto non solo il proprio dovere, ma di sentirsi fiero quando il suo comandante, ne valorizza pubblicamente l’operato.
Ecco allora che i valori, dell’uomo lasciano spazio alla forza che il “marinaio” sa mettere in campo nel momento della difficoltà.
Di esempio per tutti i marinai di ogni ordine e grado.
Luogotenente Giannicola Guariglia.
La buriana
Ugo Elia, socio del Gruppo dl Santa Maria di Castellabate.
Taranto, il Calvi è ormeggiato, io sono di guardia a bordo (allora ero Sottocapo) da tempo il sole è tramontato, gran parte dell’equipaggio in franchigia. Sentivo il vento fischiare e il mare incresparsi paurosamente.
Il mare vivo, forti schizzi d’acqua arrivavano in coperta portati da folate di vento, il sommergibile si spostava come fosse un pendolo, cavi d’ormeggio allentati. Una bettolina per Il rifornimento di carburante era affiancata, già con un cavo mollato, sbatteva contro il nostro scafo.
Sussisteva un pericolo incombente di fuoriuscita di nafta. A bordo pochi marinai, cioè la sola squadra di servizio. I più per giunta poco avvezzi con l’arte marinaresca. Fortunatamente fra questi era però presente Monteforte, mio stimatissimo amico, Sottocapo volontario, classe ’58, che lo vedevo già destreggiarsi tra “prora e poppa” del battello incurante di bagnarsi.
Aveva la situazione in mano, era urgente intervenire sui cavi di ormeggio del lato sinistro, quello della bettolina, inserendo a dovere i parabordi e cazzando i cavi. Il lato sinistro del sommergibile Calvi era quello più esposto a vento. Incuranti delle raffiche e dell’acqua che ci aveva inzuppati fino alle ossa, si continuava a lavorare senza sosta consapevoli del pericolo che il nostro amato battello correva.
Sistemiamo i cavi di prora nella giusta trazione, riprendendo l’imbando. I nostri occhi s’incrociano, “Elia e Monteforte chiedono aiuto”, i nostri colleghi sono come spettatori smarriti, pure essendo qualcuno più forzuto di noi due insieme. Credo che il loro cervello fosse momentaneamente bloccato, movimenti goffi, qualcuno inciampa sui cavi e cade, mando due marinai sui lati di poppa a riferire la situazione.
Mi accorgo che le mie mani non solo sono bagnate ma anche sporche di sangue. Si lavora senza guanti, lo stesso dicasi per Monteforte. A occhio ci sentiamo rassicurati: la prora risultava come imbrigliata, come domata a dovere. Decidiamo dì avviarci a poppa, contemporaneamente controlliamo la tenuta dell’ormeggio della bettolina, che rappresentava il maggior pericolo per il battello.
La pioggia iniziava a diminuire d’intensità, le nostre tute bagnate aderiscono al corpo e cominciamo ad accusare il freddo. Nel percorso verso poppa dico al mio amico e collega: “na fatia!” (che fatica) giacché la mia espressione dialettale lo faceva ridere.
In lontananza scorgo il Sottufficiale di servizio, che correva verso il battello (in seguito verrò a sapere che resosi conto della buriana non aveva aspettato nessuna chiamata per tornare sul sommergibile). Mi confessa Monteforte: quel giorno Ugo faceva parte della squadra di servizio, avendolo visto lavorare pensavo fra di me che questo amico ha mille risorse, non solo in senso figurativo, anche poi nella realtà, ad esempio, si diletta a suonare diversi strumenti; ripeto, mille risorse!
I ragazzi a terra stavano liberando il barbettone dal sacchetto per poi incappellarlo alla bitta, gli altri a bordo completavano la sua tenuta. Non essendo nocchieri, avevamo fatto un buon lavoro. Stendendo il braccio con pugno chiuso e pollice in l’alto faccio capire che va tutto bene.
il Sottufficiale mette piede a bordo, controlla la situazione della bettolina, s’avvia verso prora, poi verso poppa stessa prassi, fa qualche domanda in merito a chi materialmente avesse presa ogni decisione, Elia – Monteforte gli dicono; poco dopo scendiamo tutti in banchina.
Questi fa una leggera pausa di meditazione e rivolgendosi a tutti dice: bravi, ben fatto. Domani riferirò al Comandante. Dal suo giubbotto tira fuori diverse bustine di cordiale che tracanniamo con avidità. Un gesto amichevole e carino.
Saluto tutti, mentre con lo sguardo i miei occhi si fissano sul numero distintivo del nostro battello come volergli dare un saluto, una carezza. “503“, il numero del Calvi. Il giorno dopo, all’ora del panino, alle ore 12.00, assemblea generale presieduta del Comandante; siamo schierati in banchina.
Egli riporta in maniera sintetica l’operato del personale di servizio nella notte precedente durante la “buriana” e valuta con parole di elogio e apprezzamento l’operato; in particolare cita me e Monteforte. Sicuramente il Sottufficiale aveva riferito anche certi particolari.
L’assemblea si scioglie e m’avvio verso la segreteria al mio posto di lavoro. Sento una voce che dice: bravo Elia, mi giro e vedo il Comandante. Rispondo, il primo merito va soprattutto a Monteforte, senza il suo tempestivo intervento, senza il suo eccellente senso di coordinamento non so come sarebbe finita l’avventura.
Il Comandante replica semplicemente: “Io so, …grazie ancora!“. A distanza di oltre mezzo secolo questi ricordi testimoniano ancora oggi il legame sincero fra Monteforte e me. Questo episodio rafforzò ancor di più i nostri rapporti, la nostra amicizia e soprattutto il grande reciproco rispetto, la consapevolezza che nel momento del bisogno non sei solo.
Biografia
Nato a Santa Maria di Castellabate (SA) il 1°aprile 1940. Vive in Germania dai primi di gennaio 1963. Ha sposato una donna tedesca, è padre di 5 figli e oggi nonno di 3 nipoti.
In gioventù, da marinaio, ha servito la Patria nel periodo 15 novembre 1960 – 31 dicembre 1962; congedato col grado di Secondo Capo, essendo in possesso di titolo di studio. Durante il periodo militare, dopo il giuramento a Taranto, è imbarcato sui sommergibili Vortice e Pietro Calvi.
L’unione fa la forza… Io per lui… Lui per me.
I sommergibilisti vivono esperienze umane uniche; condividere gli stessi spazi, successi e paure, anche in tempo di pace, tante ma tante paure. Crea dei legami speciali, “unici”.
L’equipaggio di un battello è molto più di una squadra: metti la tua vita in ogni momento nelle mani di un tuo compagno e, contemporaneamente, la sua vita nelle tue. Non per copiare scene cinematografiche, ma queste parole vogliono soltanto esplicitamente dimostrare l’incredibile affiatamento che si crea fra questi soggetti.
E alla fine del mio servizio militare che mi resi conto di quello che avevo fatto, questo modo di pensare, di agire. Difficile da spiegare. Mi sono sentito orgoglioso di essere stato un Marinaio d’Italia “sommergibilista”, parte integrale dell’equipaggio, laggiù, nel profondo del mare, chiusi in un “sigaro di acciaio”, con colleghi, e superiori, amici per la pelle, uniti in unico destino.
"Tutti per uno…, uno per tutti!".
E solo alla fine di questi due anni da sommergibilista che mi sono reso effettivamente conto del valore di questo tratto di vita. Ho avuto la fortuna di essere stato amico di tanti colleghi.
Non posso elencarti tutti, tanti nomi non sono più presenti nella memoria ma vivi nel cuore: Boschetti – Calogero – Orlandi – Provenzano – Migliacci.
Uno di questi, in assoluto, voglio evidenziano e porlo in cima alla torretta: Enzo Antonio Monteforte: un amico di quelli che fanno la differenza. Un amico cui si può mettere la propria vita nelle sue mani.
In una parola semplice ma significativa… Sommergibilista!