Siamo caduti e ci siamo rialzati. Malta 1962
Un giorno, di buon mattino, le squadre di operai di Marinarsen/Augusta, s’apprestano a salire a bordo. Sul molo si notano diversi carrelli contenenti vario materiale che, a occhio, presumere servirà per diverse parti delle varie apparecchiature di bordo. Questo via vai degli operai operanti, dura circa una settimana. Sembrava essere tornati indietro al tempo dei cantieri Tosi-Taranto.
Segreto militare? Ma!!!! Un bel giorno, riuniti in assemblea, il Comandante in seconda, ci comunica: fra qualche giorno toglieremo gli ormeggi per una lunga esercitazione sotto il comando della Nato, con partecipazione di altri sommergibili, battelli di superficie ed aerei. Nessuna data precisa, solo di salutare le famiglie e preavvisarle di una assenza un po’ prolungata.
Il giorno della partenza, sul molo, si notava un’inconsueta moltitudine di persone. Si potevano osservare, soprattutto, donne e bambini, con le lacrime agli occhi, come se partissimo per la guerra. Nessun parente per me che salutava. Mi sentivo strano, l’incognita m’innervosiva. Il mio pensiero volava lontano, e nel pensiero mio vedevo mammarella, (nonna in dialetto cilentano), mamma e la piccola sorellina Tullia piangendo, nella stazione di Civitavecchia, quando partii per la prima volta per servire la “Patria“.
Il battello molla gli ormeggi e lentamente lascia la banchina. La folla si fa sempre più piccola, poi scompare del tutto. Siamo nell’aperto mare, bonaccia favorevole per i battelli si superficie, “i cacciatori”, poveri noi, “Lepre”.
L’orizzonte era libero ed il Comandante ordina l’immersione. In questa operazione non si trattava di simulare il lancio di siluri contro le unità, ma di forzare un cosiddetto blocco navale che ci avrebbe impedito, cacciandoci, di arrivare in prossimità delle ostruzioni del porto di Malta.
Una volta individuati “colpiti” si doveva emergere. Le navi ricevevano informazioni anche dagli aerei Antisom, che dall’alto erano facilitati a vedere la scia e sagoma del sommergibile col mare calmo come una tavola. Di giorno si navigava ad una certa profondità di sicurezza e di notte a quota Snorkel, presa d’aria del sommergibile, per ricaricare le batterie.
Era una lotta impari. Il C/te invertiva la rotta in continuazione allontanandosi dall’isola, anche per non finire come un grosso pesce nelle reti dei pescatori. Nonostante tante accortezze, una notte, a quota Snorkel, alle prime luci dell’alba, veniamo beccati da un aereo antisom… emersione.
Eravamo delusi, sconfitti da un nemico troppo insidioso e difficile da controllare. Fortunatamente l’operazione non era del tutto finita, avevamo perso una battaglia, ma la guerra continuava. In cuor nostro speravamo in una rivincita, non era facile, per noi sommergibilisti, inghiottire certe sconfitte.
Il comando, Nato, concede una giornata di libertà. Il personale libero viene in coperta, si scherza per attenuare una certe delusione, il pranzo abbondante, l’appetito viene agevolato dall’aria pulita che respiriamo in coperta. Procediamo ad una certa pulizia interna del battello mentre i motori ronfano per la carica delle batterie. Finalmente ci viene comunicato che ci sarà una seconda esercitazione con otto ore di libertà di manovra rispetto al punto dell’immersione, naturalmente valida anche per gli altri battelli.
La guerra continua
Verso le ore 20.00 c’immergiamo. Durante lo spostamento in superficie il Comandantee aveva fatto il punto nave sol radar e, con una certa precisione, sapevamo l’esatta distanza dal porto di Malta. D’Annunzio scrive:
Memento audere Semper – la fortuna aiuta i forti
Eravamo ancora incazzati dalla precedente sconfitta subita e caparbiamente intenzionati a non fallire una seconda volta. Dai primi ordine del Comandante appare chiaro che il Suo pensiero coincide con quello dell’equipaggio. Ordini precisi: macchine al minimo, navigazione silenziosa, illuminazione ridotta, lentamente a quota di profondità. Mantenere il più assoluto silenzio nell’eseguire ogni manovra strumentale.
Con una semplice espressione: assetto di guerra. Dopo due giorni di navigazione in immersione, il caldo si fa sentire, molti di noi sono in canottiere, permesso speciale, l’esalazione delle batterie fanno l’aria irrespirabile. Non si sentono giri di eliche in superficie, solo qualche rumore in allontanamento. Le nostre varie manovre ci hanno dato la possibilità di disimpegnarsi.
In parale semplici: eravamo sfuggiti agli acerrimi cacciatori nemici, navi di superficie ed aerei. La notizia si diffonde a bordo e viene accolta con un grido di gioia. Un grido di gioia contenuto. Guardia in tenuta da lavoro Siamo a velocità lenta, dal controllo della Augusta 1962 barometria, ci rendiamo conto che abbiamo una leggera deriva, non rilevante, si manovra per allontanarci dalla costa per guadagnare acque profonde, rotta per il porto di Malta. Alle prime luci del mattino emergiamo.
uno spettacolo si presenta ai nostri occhi….. l’isola di Malta è nostra.
Siamo caduti e ci siamo rialzati
A bassa velocità attraversiamo l’ostruzione, alcuni battelli sono già in rada, ci viene comunicato il numero del posto di ormeggio in banchina. Terminata l’operazione d’attracco, il nostro Comandante con l’ufficiale di rotta, si dirigono verso l’ammiragliato. Erano stati convocati dal comando inglese. Al loro ritorno il C/te ci comunica: ore 12.00, assemblea generale sulla banchina. All’ora stabilita l’equipaggio al completo, è schierato sul posto assegnato.
Arriva l’ammiraglio inglese, che, nella propria lingua, pronuncia il Suo discorso. Il nome del nostro battello, Smg. Calvi, viene più volte menzionato con lo sguardo spesso rivolto verso di noi. Siamo il primo equipaggio a scalare, alla nostra sinistra gli altri equipaggi sommergibilisti. Prende la parola il nostro comandante che, dopo aver ringraziato l’ammiraglio per le sue parole di elogio a noi riservato, prosegue Taranto 1961 in lingua italiana: il Calvi è stato l’unico sommergibile a non essere stato scoperto dopo la ripartenza delle operazione.
Avremmo voluto gridare per la gioia, ma….. il nostro grido rimane contenuto, ma…. sulle nostre labbra si poteva osservare uno smagliante sorriso di felicità…. Soddisfazione e, diciamolo pure.
Soddisfazione ed orgoglio
Avevamo perso una battaglia ma la guerra, si la guerra, nel vero senso della parola, l’avevamo vinta con tutti gli onori.
Questo episodio frammento, tratto dal mio libro ricordi ” Ed il tempo volò “ lo dedico all’equipaggio del sommergibile Pietro Calvi 503, ed a tutti i sommergibilisti, in particolare a quelli che ci hanno lasciato per l’ultima missione. In special modo al comandante Tenente di Vascello Giuseppe Arena “Ammiraglio di Squadra“ sotto il Suo comando, ho avuto l’onore ed il piacere di servire la Patria.
“Uomo di rara virtù“
Un grazie di cuore al collega Monteforte per la Sua partecipazione del contenuto di questo racconto. Un amico di ieri, anche dopo 60 anni, un amico che fa la differenza. Un marinaio d’Italia? Di più, un sommergibilista.
L’autore
Ugo Elia Cavaliere della Repubblica
Maestro del lavoro
Croce al merito della Germania